Museo
Le sezioni
L'edilizia
Muratori durante la realizzazione del ponte che conduce da Campodolcino a Fraciscio (Valchiavenna).
Da: P. Scheuermeier, Il lavoro dei contadini. Cultura materiale e artigianato rurale in Italia e nella Svizzera italiana e retoromanza Longanesi & C., Milano 1980, vol. II, f. 451.
La sezione espone una serie di oggetti concernenti i mestieri dell'edilizia. Muratori, gessatori, piccapietra, scalpellini e costruttori furono professioni che, soprattutto dal XVI al XVIII secolo, conobbero particolare fortuna e diffusione nelle regioni di confine dell'arco alpino e prealpino determinando, talora, un vero e proprio fenomeno di emigrazione stagionale, se non addirittura permanente. Un aspetto tutt'altro che secondario nello stabilire l'andamento demografico e la struttura sociale delle comunità montane, in particolar modo a partire dal Settecento.
torna all'inizioL'emigrazione stagionale
Brinziesi emigranti in Svizzera, 1935.
La questione dell'emigrazione stagionale è di notevole interesse al fine di ricostruire le condizioni di vita e la storia dei villaggi alpini e prealpini. Oltre ad essere utile nel descriverne gli andamenti demografici, consente una comprensione più approfondita dei modi di interazione tra uomo e territorio; specialmente laddove, a causa delle specifiche condizioni ambientali, l'esiguità delle risorse naturali spesso rappresentò un limite alla crescita della popolazione. Tra i principali meccanismi di controllo demografico, grazie ai quali gli abitanti delle montagne avrebbero potuto mantenersi entro livelli tollerabili di sussistenza, vi era, per l'appunto, l'emigrazione stagionale. Un comportamento socio-culturale che, manifestandosi in genere con l'arrivo della bella stagione, riguardava, innanzitutto, le professioni del settore edilizio, oltre a: falciatori, falegnami, pastori, cavatori, minatori, ecc. Gli emigranti di Alagna Valsesia (Piemonte), ad esempio, erano per la maggior parte mastri gessatori o esperti muratori, richiesti e ben pagati su entrambi i versanti delle Alpi e in molte località italiane. D'altro canto, già nel XVI e XVII secolo, architetti, muratori e piccapietra, provenienti dal Ticino, godevano di grande stima e considerazione in molti centri urbani dell'Italia centro-meridionale, andando a costituire spesso una vera e propria "aristocrazia dell'emigrazione". Non diversamente, anche la regione delle Prealpi Varesine, nel corso della sua storia, fu interessata da intensi flussi migratori, innanzitutto, verso la Svizzera, la Germania e la Francia, mete preferite da gessatori, falegnami e mastri costruttori locali. Tale comportamento accomunava, dunque, gli abitanti delle valli alpine e prealpine che, talvolta, erano costretti anche a partenze definitive. Scriveva a tal proposito il cancelliere di Brinzio Carlo Antonio Piccinelli, nella seconda metà del Settecento: "[...] molti se ne partono per il mondo e alcuni de' quali restano smarriti per lo soddetto mondo [...]". Il fenomeno dell'emigrazione stagionale si ridusse dopo la Prima Guerra Mondiale, fino a scomparire quasi del tutto negli anni Trenta e Quaranta del Novecento.
torna all'inizioLa casa rurale di montagna
Nel considerare la struttura architettonica delle abitazioni contadine in montagna, è possibile individuare alcune caratteristiche comuni, sebbene, nella maggior parte dei casi, esse siano espressione di differenti tipologie abitative, influenzate dal contesto geografico e dalle pratiche costruttive locali. Gli elementi costitutivi della "casa rurale" erano, in genere, l'abitazione (alloggio) e il rustico (stalla, fienile e portico). Nelle forme più arcaiche, diffuse in molte località delle Prealpi lombarde, l'abitazione e il rustico erano elementi indistinti. La dimora era pertanto sovrapposta alla stalla e affiancata al fienile (cascina). Un analogo stile architettonico si riscontra, con relative varianti, in molti settori delle Alpi, dove la famiglia e il bestiame trascorrevano "insieme" i mesi invernali. Nelle fredde sere di inverno, era infatti usanza riunirsi nelle stalle, i locali più caldi della casa, a filare, tessere, svolgere attività domestiche o, più semplicemente, conversare. Si trovavano invece al primo piano dell'abitazione la cucina e le camere da letto che, rivolte a sud, talvolta avrebbero potuto essere predisposte su un secondo piano. Il rustico e la dimora della famiglia contadina potevano anche costituire due unità architettoniche distinte e separate. Non mancavano, infine, specifici ricoveri (soffitte, solai e sottotetti) adibiti alla conservazione dei cereali e delle castagne.
torna all'inizioClassificazione delle tipologie abitative
Considerando il legame abitazione-rustico, è possibile individuare tipologie abitative più complesse e, culturalmente, posteriori.
I) Dimora ad elementi separati: l'abitazione è separata dalla stalla e dal granaio/fienile. Questi avrebbero potuto essere prossimi al casolare o, addirittura, distanti anche alcuni chilometri. Tipica della Pianura Padana e di alcune aree pedemontane.
II) Dimora con elementi incorporati: abitazioni con porticato interno.
III) Dimora con elementi giustapposti: alloggio e rustico sono affiancati linearmente, con differenti soluzioni di continuità, formando così un unico edificio. Tipologia abitativa particolarmente diffusa nell'Italia centro-settentrionale.
IV) Dimora a forme complesse: abitazione composta dalla casa del proprietario e dagli alloggi dei salariati (bovari, cavallanti, mezzadri, ecc.), oltre che dalle stalle dei cavalli e dei buoi, con relativi portici e rustici agricoli. Tipologia meglio nota come corte patrizia o padronale o, semplicemente, corte.
V) Dimora rurale unitaria: abitazioni complesse a elementi sovrapposti ed allineati con corte interna. Possiede la proprietà sociale di appartenere ad unità famigliari di piccoli coltivatori. Di diffusione nelle fasce collinari.
Cà di babà, uno degli angoli più antichi di Brinzio.
La cà di architt sulla via per i Pregambaritt (Brinzio).