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Le sezioni

La vita domestica e quotidiana

Teresa Vanini coccola la nipotina (Brinzio, anni '20)
Teresa Vanini coccola la nipotina
(Brinzio, anni '20)

La sezione raccoglie testimonianze materiali inerenti sia alle occupazioni tipicamente domestiche, sia alle attività proprie dell'infanzia.
Significativa è la presenza di ferri da stiro, assi da bucato e tinozze, documenti probanti una delle occupazioni femminili più faticose: il lavare.
Si espongono, infine, alcuni oggetti che richiamano il periodo dell'infanzia, della fanciullezza e del gioco: la culla, il girello, lo slittino e il monopattino. I giocattoli erano per lo più realizzati con materiale di riciclo. Così, ad esempio, le estremità di un ramo piegate e legate tra loro con una funicella avrebbero potuto rappresentare un arco, mentre con bastoni a forcella ed elastici si sarebbero potute realizzare delle bellissime fionde. La fantasia e l'abilità manuale dei bambini non avevano limiti.
Accanto allo svago, spesso caratterizzato da canti e teatralizzazioni, la vita del fanciullo era scandita dall'impegno educativo, come mostrano il banco di scuola e la lavagna.

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I panni

Il risciacquo dei panni al fiume (Brinzio)
Il risciacquo dei panni al fiume
(Brinzio).

Il bucato si effettuava sistemando i panni, precedentemente insaponati su un apposito asse di legno scanalato, in un'ampia tinozza contenente dell'acqua calda, all'interno della quale si versava la liscivia.
Il sapone era, solitamente, preparato "in casa" con grassi animali, soda caustica e pece che, dopo essere stati bolliti in una caldera sul focolare, erano versanti nell'acquaio, dove si sarebbero raffreddati e condensati.
Al lavaggio, seguiva il risciacquo al fiume o al lavatoio e l'asciugatura al sole. Una volta asciutti, se necessario, i panni sarebbero stati rammendati e, successivamente, stirati mediante l'impiego di ferri a piastra, a carbonella o a pietra.
Il più moderno ferro a vapore elettrico sarà introdotto soltanto dopo il 1926.

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La biancheria

Il bucato della biancheria (lenzuola, tovaglie e tutti i panni di colore bianco) aveva, in genere, cadenza mensile. Oltre ad essere faticosa, si delineava altresì come un'attività piuttosto lunga ed impegnativa, che necessitava di una fase preparatoria iniziale.
Infatti, la sera prima si preparava la "conca" nella quale si sarebbe riposta la biancheria. Alla base la tinozza, sollevata su un apposito panchetto, era di solito provvista di un foro, nel quale si incastrava un cannello. La biancheria era disposta nella "conca" secondo un ordine prestabilito: dalla meno sporca a quella piè sporca. In cima al mucchio era sistemata, su un panno, la cenere di legna. Durante la notte si lasciava il tutto in tale disposizione.
La mattina seguente, si versava dell'acqua bollente sulla cenere, rendendo così possibile il lavaggio della biancheria. Il cannello avrebbe, inoltre, consentito lo scolo e il ricupero della liscivia in un apposito recipiente (secchio, tinozza) posto al di sotto. Tale operazione avrebbe potuto essere, infatti, ripetuta più volte. La biancheria veniva quindi lasciata a mollo nella liscivia un'intera giornata.
Il giorno successivo si sarebbe proceduto al risciacquo, all'asciugatura al sole e alla stiratura.

Lavandaie sul lago di Lugano (Lavena Ponte Tresa)
Lavandaie sul lago di Lugano (Lavena Ponte Tresa).
Immagini tratta da: G. & C. Buzzi, Lavena Ponte Tresa: vicende e documenti, Edizioni Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Lavena, Germignaga 1990, copertina.

Lavandaie sul lago di Lugano (Lavena Ponte Tresa)
Lavandaie sul lago di Lugano (Lavena Ponte Tresa).
Immagini tratta da: G. & C. Buzzi, Lavena Ponte Tresa: vicende e documenti, Edizioni Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Lavena, Germignaga 1990, copertina.

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La liscivia

La liscivia, o lisciva, è una soluzione liquida, ottenuta dalla semplice bollitura di cenere di legna, in precedenza setacciata, e bagnata di poi con acqua fredda.
Veniva usata, in passato, soprattutto per lavare e sbiancare i tessuti, ma anche per le pulizie casalinghe.
Estremamente diluita, poteva inoltre essere impiegata per l'igiene di tutto il corpo, grazie al suo potere detergente, sgrassante e disinfettante.

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L'igiene personale

È luogo comune ritenere che i contadini non dedicassero troppo tempo all'igiene personale, si tratta tuttavia di una convinzione indotta da considerazioni superficiali. Soffermandosi infatti sullo stile di vita delle comunità rurali, ci si rende conto di come, talora, la mancanza di igiene fosse determinata dalla scarsa disponibilità di acqua. Al contrario, quando ve ne fosse stata in abbondanza, se ne sarebbe privilegiato l'impiego nelle più importanti attività produttive.
Al mattino ci si lavava in camera da letto, usando un catino riempito d'acqua e posto su un treppiede in ferro battuto. Mentre per il bagno, in mancanza di una vasca adibita allo scopo, era consuetudine utilizzare la tinozza del bucato, generalmente abbastanza grande da contenere una persona rannicchiata.

I servizi igienici, definiti "logo comodo", si trovavano, di solito, all'esterno dell'abitazione e, comunemente, consistevano nella comoda: una sedia di legno con foro circolare coperto da un sedile a sportello, sotto il quale era collocato un recipiente. Di solito era sistemata in un capanno vicino alla concimaia. Gli escrementi erano, di fatto, utilizzati per concimare l'orto.
Nei centri abitati era inoltre consuetudine riversare il contenuto dei vasi da notte nella "tromba", un condotto in cotto che dalla finestra comunicava col pozzetto di raccolta ai piedi dell'edificio (pozzo nero).

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